SALDO
IMU – CASI PARTICOLARI
In
questa Circolare
- Regole di base per il calcolo dell’imposta
- Imposta versata interamente a giugno
- Immobili di classe D
- Terreni montani
- Immobili posseduti da cittadini residenti all’estero
- Immobili assimilati alle abitazioni principali
- Fabbricati inagibili e inabitabili
Art.
1, co. 164, L. 27.12.2006, n. 296
Art.
13, D.L. 6.12.2011, n. 201, conv. con modif. dalla L. 22.12.2011, n.
214
D.M.
19.2.2014
Saverio Cinieri
Scade il 16
dicembre il versamento del saldo Imu per il 2014.
La rata di
dicembre si calcola applicando le aliquote approvate
dai Comuni, pubblicate nel sito del Dipartimento delle
Finanze, e sottraendo quanto già versato a titolo di prima
rata a giugno.
Il calcolo,
però, può riservare alcune sorprese. Infatti, alcuni Comuni hanno
modificato le proprie decisioni rispetto a quanto previsto a giugno,
in molti casi innalzando le aliquote.
Inoltre, ci sono
alcune particolarità di cui occorre tener conto per non
commettere errori.
Infatti, anche a
causa delle modifiche intervenute in corso d’anno, occorre
fare molta attenzione se ci si trovi di fronte a fattispecie
particolari come, ad esempio, nei casi in cui si sia in presenza
di terreni in zone montane oppure in caso di abitazioni
possedute da cittadini italiani residenti all’estero.
Di questi ed altri
casi specifici ci si occupa di seguito, evidenziando le
eventuali criticità ai fini del calcolo del saldo
di dicembre.
1.
Regole di base per il calcolo dell'imposta
Prima di addentrarci
nelle ipotesi particolari, è bene sintetizzare le regole
«ordinarie» di calcolo.
L’imposta si
determina moltiplicando la base imponibile per l’aliquota
prevista per lo specifico immobile.
L’imposta è
dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota
ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il
possesso; a tal fine il mese durante il quale il
possesso si è protratto per almeno 15 giorni è
computato per intero.
Per quanto riguarda
l’aliquota, la norma sull’Imu (art. 13, D.L. 201/2011,
conv. con modif. dalla L. 214/2011) prevede, sostanzialmente che:
- l'aliquota di base dell'imposta è pari allo 0,76%. I Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali;
- l'aliquota è ridotta allo 0,4% per l'abitazione principale e per le relative pertinenze (si ricorda che sono soggetti all’imposta solo le abitazioni principali classificata A/1, A/8 e A/9, e relative pertinenze). I Comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali;
- l'aliquota è ridotta allo 0,2% per i fabbricati rurali ad uso strumentale (art. 9, co. 3-bis, D.L. 557/1993). I Comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1%.
Occorre però, tener
conto di quanto previsto anche ai fini della Tasi, la
componente dell’Imposta unica comunale che, da quest’anno,
ha colpito i fabbricati.
In pratica, bisogna
considerare il vincolo in base al quale la somma delle
aliquote della Tasi e dell'Imu per ciascuna
tipologia di immobile non può superare l'aliquota
massima consentita dalla legge statale per l'Imu al
31.12.2013, fissata al 10,6 per mille (e cioè 1,06%),
il cumulo massimo di imposta Tasi-Imu, per il 2014
potrà essere il seguente:
- abitazioni principali: 0,33% (0,25% di aliquota massima + 0,08% di eventuale maggiorazione;
- altri immobili: 1,14% (1,06% di tetto massimo Imu-Tasi + 0,08% di eventuale maggiorazione).
Tornando al calcolo,
la norma stabilisce che il versamento della prima rata
è eseguito tenendo conto dell'aliquota e delle detrazioni
dei 12 mesi dell'anno precedente.
Il versamento
della seconda rata, a saldo dell'imposta dovuta per
l'intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima
rata versata, sulla base degli atti pubblicati nel
predetto sito alla data del 28 ottobre diciascun anno
d’imposta; a tal fine il Comune è tenuto a effettuare l'invio
di cui al primo periodo entro il 21 ottobre dello
stesso anno.
In pratica, per il
calcolo del saldo di dicembre, sulla base
imponibile va applicata l’aliquota approvata, entro il
21 ottobre, dal Comune con apposita delibera, consultabile
sul sito del Dipartimento delle Finanze (www.finanze.it) e dal totale
così determinato, va scomputato quanto già versato a giugno.
In caso di mancata
pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si
applicano le aliquote e le detrazioni adottate per
l'anno precedente, nel nostro caso, per il 2013 e, dal
totale, va scomputato quanto versato a giugno.
2.
Imposta versata interamente a giugno
La norma permette di
poter versare l’intera imposta a giugno, chiaramente,
salvo dover effettuare il conguaglio a dicembre in caso
di modifiche alle aliquote (e detrazioni).
Quest’anno, dai
dati diffusi, sembrerebbe che moltissimi Comuni (quasi 9 su
dieci) hanno modificato le proprie decisioni in merito
all’imposta e, in pratica, hanno deliberato entro i termini
sopra esposti nuove aliquote.
Per chi ha versato a
giugno l’intera imposta, quindi, si pone il problema
di dover effettuare il ricalcolo con le nuove aliquote,
scomputare la somma pagata a giugno e versare
l’eventuale differenza entro il 16 dicembre.
ESEMPIO
Si supponga il caso
di un immobile, soggetto ad Imu, la cui base
imponibile è pari a euro 150.000.
Il contribuente, che
ha la proprietà al 100% per 12 mesi, ha deciso
di versare l’intera imposta a giugno applicando
l’aliquota in vigore, pari allo 0,76%.
Entro il 21
ottobre, però, il Comune approva le nuove aliquote,
fissando quella applicabile all’immobile in oggetto, allo
0,86%.
In tal caso
occorrerà versare, entro il 16 dicembre, la differenza
così calcolata:
- imposta versata a giugno: 150.000 x 0,76% = euro 1.140
- imposta 2014: 150.000 x 0,86% = euro 1.290
- differenza da versare entro il 16 dicembre: 1.290 – 1.140 = euro 150
Nel caso in cui,
invece, l’imposta dovuta per il 2014 dovesse
risultare inferiore a quella versata a giugno,
al contribuente non rimane altra strada che chiedere il rimborso
della maggiore imposta.
In proposito, la
legge prevede che il rimborso delle somme versate e non
dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di
5 anni dal giorno del versamento, ovvero da
quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
L’ente locale
provvede ad effettuare il rimborso entro 180 giorni dalla data
di presentazione dell’istanza (art. 1, co. 164, L.
296/2006).
In definitiva, il
contribuente, in caso di versamenti non dovuti, può chiedere
il rimborso entro 5 anni dal giorno del versamento,
ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla
restituzione ed il Comune deve effettuare il rimborso,
comprensivo di interessi, entro 180 giorni dalla data
di presentazione dell’istanza.
In applicazione
delle regole Imu-Tasi sopra esposte, se la diminuzione
dell’Imu è compensata dagli aumenti Tasi, almeno in
teoria, sarebbe possibile la compensazione fra i due tributi
ma è necessario che ciò sia previsto dal regolamento comunale,
altrimenti si arriva al paradosso di dover pagare la Tasi ed
attendere il rimborso dell’Imu.
3.
Immobili di classe D
Alcune particolarità
di calcolo si registrano per gli immobili classificati
nella categoria catastale D.
Per i fabbricati
classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in
catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente
contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono
iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il
valore è determinato, alla data di inizio di
ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di
acquisizione, applicando appositi coefficienti aggiornati
annualmente con apposito decreto pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
Quindi, per
quest’ultima categoria di immobili, la disciplina dell’Imu
rimanda all’art. 5, co. 3, D.Lgs. 504/1992 che si occupava della
determinazione della base imponibile Ici dei fabbricati
di gruppo D «non iscritti in catasto,
interamente posseduti da imprese e distintamente
contabilizzati».
Pertanto, ai fini
della valorizzazione con gli appositi coefficienti è
richiesta la presenza dei due requisiti:
- non iscrizione in catasto;
- distinta contabilizzazione.
In particolare, il
Legislatore, partendo dall’idea che questi fabbricati hanno
delle caratteristiche particolari(perché sono opifici o
fabbricati ad uso commerciale o industriale o destinati ad altre
attività d’impresa), e ritenendo che questifabbricati
devono essere iscritti nei registri contabili con il loro
costo di acquisizione, ha previsto una disciplina
speciale, valida fino a che non saranno iscritti in
catasto.
In definitiva, le
imprese per ottenere il valore del fabbricato
sul quale applicare l’aliquota dell’Imu devono
prendere come base di riferimento i valori emergenti
dai libri contabili e moltiplicarli per il coefficiente
indicato da un apposito D.M. emanato ogni anno.
I coefficienti
per il 2014, che si riportano di seguito, sono stati
approvati dal D.M. 19.2.2014 (pubblicato nella G.U. n. 45 del
24.2.2014):
COEFFICIENTI
|
||
Per
l’anno 2014: 1,01
|
Per
l’anno 2013: 1,02
|
Per
l’anno 2012: 1,04
|
Per
l’anno 2011: 1,08
|
Per
l’anno 2010: 1,10
|
Per
l’anno 2009: 1,11
|
Per
l’anno 2008: 1,15
|
Per
l’anno 2007: 1,19
|
Per
l’anno 2006: 1,22
|
Per
l’anno 2005: 1,26
|
Per
l’anno 2004: 1,33
|
Per
l’anno 2003: 1,38
|
Per
l’anno 2002: 1,43
|
Per
l’anno 2001: 1,46
|
Per
l’anno 2000: 1,51
|
Per
l’anno 1999: 1,53
|
Per
l’anno 1998: 1,55
|
Per
l’anno 1997: 1,59
|
Per
l’anno 1996: 1,64
|
Per
l’anno 1995: 1,69
|
Per
l’anno 1994: 1,74
|
Per
l’anno 1993: 1,78
|
Per
l’anno 1992: 1,80
|
Per
l’anno 1991: 1,83
|
Per
l’anno 1990: 1,92
|
Per
l’anno 1989: 2,01
|
Per
l’anno 1988: 2,09
|
Per
l’anno 1987: 2,27
|
Per
l’anno 1986: 2,44
|
Per
l’anno 1985: 2,62
|
Per
l’anno 1984: 2,79
|
Per
l’anno 1983: 2,96
|
Per
l’anno 1982 e precedenti: 3,14
|
I valori su
cui applicare i predetti coefficienti sono dati dai costi
di acquisizione ed incrementativi contabilizzati, al
lordo delle quote di ammortamento, così come
risultanti dalle scritture contabili e distinti per
anno di formazione.
Considerato che il
meccanismo di valorizzazione della base imponibile prevede
l’applicazione di coefficienti di attualizzazione da
applicare a «ciascun anno» di contabilizzazione dei
costi, se la rendita, ad esempio, è attribuita nel
corso del 2014, l’Imu per tale anno va calcolata
mediante l’attualizzazione dei costi contabilizzati,
in quanto la rendita si può usare solo dal 2015.
Va comunque
precisato che:
- i costi incrementativi aggiuntivi a quello di acquisizione, contabilizzati nel corso di un determinato anno, non influiscono sull’ammontare delvalore sul quale calcolare l’Imu dovuta per lo stesso anno;
- per l’applicazione dei coefficienti di attualizzazione bisogna assumere quello relativo all’anno nel corso del quale sono stati contabilizzati il costo di acquisizione o i costi incrementativi.
ESEMPIO DI
CALCOLO
Si ipotizzi
un’impresa con esercizio coincidente con l’anno
solare che abbia acquistato un immobile di gruppo D
nel 2009 per euro 500.000.
Inoltre, l’impresa
ha sostenuto i seguenti costi incrementativi:
- 2010: euro 50.000;
- 2012: euro 10.000.
Si supponga che
l’aliquota Imu deliberata nel 2014 dal Comune per
questa tipologia di immobili è pari all’1% mentre
quella deliberata nel 2013 era pari a 0,86%.
La
base imponibile ai fini Imu, per il 2014, viene
determinata nel seguente modo
FABBRICATI
GRUPPO D – BASE IMPONIBILE
|
|||
Anno
|
Costi sostenuti
|
Coefficiente
|
Base imponibile
|
2009
|
500.000
|
1,11
|
555.000
|
2010
|
50.000
|
1,10
|
55.000
|
2012
|
10.000
|
1,04
|
10.400
|
Base imponibile
immobile
|
620.40
|
Su questa base
imponibile a giugno il contribuente ha versato:
620.400 x 0,86% / 2=
euro 2.668
A dicembre
effettua il ricalcolo e versa la differenza, quindi:
620.400 x 1% = 6.204
– 2.668 = euro 3.536
4.
Terreni montani
Il calcolo
dell’Imu sui terreni montani presenta particolari
profili di criticità.
Infatti, l’art.
22, co. 2, D.L. 66/2014, ha previsto l’emanazione di un decreto,
con il quale devono essere individuati i Comuni nei quali, a
decorrere dall'anno d’imposta 2014, si applica l'esenzione
per i terreni agricoli sulla base della loro altitudine,
diversificando eventualmente tra terreni posseduti da
coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali,
iscritti nella previdenza agricola, e gli altri ed in maniera
tale da ottenere un maggior gettito complessivo annuo non
inferiore a euro 350 milioni a decorrere dal medesimo anno 2014.
Inoltre, l’esenzione
Imu è stata estesa anche ai terreni ad immutabile
destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva
indivisibile ed inusucapibile che, in base al predetto
decreto, non ricadano in zone montane o di collina.
La norma, però, è
rimasta solo sulla carta in quanto il decreto attuativo non è
stato ancora emanato.
Pertanto, già in
sede di versamento della prima rata dell’Imu a
giugno 2014, i contribuenti hanno applicato le «vecchie»
norme.
Se non verrà
pubblicato il decreto in tempo utile, la stessa situazione è poi
destinata a protrarsi in sede di calcolo del saldo di dicembre.
Va però evidenziato
che è già disponibile una bozza di decreto che, salvo
problemi dell’ultima ora, dovrebbe vedere la luce prima del termine
di scadenza del saldo.
Ma, secondo quanto
trapela dalla bozza, il provvedimento preparato dal Ministero
dell’Economia stravolge completamente le vecchie regole, in
quanto distingue i Comuni in tre fasce, sulla base
della loro altitudine misurata al centro del territorio
comunale e certificata dall’Istat.
In pratica è
prevista:
- l’esenzione totale per i terreni nei Comuni con altitudine superiore ai 600 metri;
- l’esenzione, ma solo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, nei Comuni con altitudine compresa fra 281 e 600 metri;
- la soggezione all’imposta in tutti gli altri Comuni, anche se, in base alle vecchie regole, essi rientravano, con i loro territori nell’elenco delle zone montane agevolate.
Infatti, in passato
si applicava l’art. 7, lett. h) D.Lgs. n. 504/1992, il quale
prevedeva l’esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree
montane o di collina delimitate ai sensi dell’art. 15 Legge
27.12.1977, n. 984.
Per individuare
l’elenco dei Comuni sul cui territorio era
prevista l’esenzione per i terreni agricoli ci si doveva rifare
alla C.M. 14.6.1993, n. 9 del Ministero delle Finanze (pubblicata nel
supplemento ordinario alla G.U. n. 141 del 18.6.1993).
Ai fini di una
corretta lettura del suddetto elenco, valevano le seguenti
precisazioni:
- se accanto all’indicazione del comune non era riportata alcuna annotazione, significava che l’esenzione operava sull’intero territorio comunale;
- se, invece, era riportata l’annotazione parzialmente delimitata, sintetizzata con la sigla «PD», significava che l’esenzione operava limitatamente ad una parte del territorio comunale:
- per i comuni compresi nei territori delle Province autonome di Trento e Bolzano e della Regione Friuli-Venezia Giulia erano fatte salve eventuali leggi di dette Province o Regioni che delimitavano le zone agricole in modo diverso da quello risultante dall’elenco.
Inoltre, all’elenco
non erano interessati:
- i terreni con le caratteristiche di area fabbricabile, come definita dalla lettera b) dell’art. 2 D.Lgs. n. 504/1992, atteso che tali terreni, indipendentemente dal loro utilizzo e dalle modalità dell’utilizzo medesimo, devono essere tassati non come terreni agricoli bensì come aree edificabili;
- i terreni, diversi dalle aree fabbricabili, sui quali non vengano esercitate le attività agricole intese nel senso civilistico (art. 2135 del codice civile) di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed alle connesse operazioni di trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli rientranti nell’esercizio normale dell’ agricoltura: appartengono a questo primo gruppo i terreni normalmente inutilizzati (cosiddetti terreni “incolti”) e quelli, non pertinenziali di fabbricati, utilizzati per attività diverse da quelle agricole (ad esempio: attività industriali, che non diano luogo però ad utilizzazioni edificatorie perché in tal caso il terreno sul quale si sta realizzando la costruzione sarebbe comunque considerato area fabbricabile);
- i terreni, sempre diversi dalle aree fabbricabili, sui quali le attività agricole sono esercitate in forma non imprenditoriale: appartengono a questo secondo gruppo i piccoli appezzamenti di terreno (cosiddetti «orticelli») coltivati occasionalmente senza strutture organizzative.
Va anche ricordato
che con la deliberazione 1.2.2001, n. 13, del Cipe era stato
approvato l’elenco definitivo dei Comuni svantaggiati.
Le regole, pertanto,
sono destinate a cambiare drasticamente costringendo molti
contribuenti a versare l’intera imposta nel caso in cui il
decreto venga pubblicato prima della scadenza dei
termini di versamento sempre che, nel rispetto della
correttezza del rapporto Fisco-contribuente, venga dato un
ragionevole lasso di tempo per procedere ai calcoli.
5.
Immobili posseduti da cittadini residenti all’estero
Un’altra
particolarità va segnalata per gli immobili posseduti
da cittadini italiani residenti all’estero.
In particolare,
l’art. 9-bis, D.L. 47/2014, intervenendo sull’art. 13, co. 2,
D.L. 201/2011, ha previsto:
- la soppressione della facoltà per i Comuni di qualificare come abitazione principale l’immobile posseduto dai cittadini italiani non residenti e iscritti all’Aire a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso;
- l’assimilazione ex lege ad abitazione principale, a decorrere dal 2015, di un’unica unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti ed iscritti all’Aire, già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso.
In pratica, è stata
eliminata, per l’anno 2014, la possibilità di assimilare le
abitazioni possedute dai cittadini italiani non residenti
alle abitazioni principali, con conseguente esenzione
dall’imposta togliendo, quindi, ai Comuni la possibilità di
prevedere nelle delibere 2014 tale assimilazione.
Poiché tale
modifica è stata introdotta in corso d’anno, i Comuni che
avevano deliberato per l’assimilazione hanno dovuto correre
ai ripari modificando le delibere.
Pertanto, dovrebbero
trovare applicazione le «regole 2013», con la conseguenza
che i residenti all’estero devono pagare anche la seconda
rata Imu per il 2014 per l’abitazione posseduta
sul territorio comunale applicando l’aliquota
stabilita dal Comune per tali tipologie di abitazioni
(presumibilmente l’aliquota per le «seconde case»).
Dal 2015,
invece, salvo ulteriori modifiche, i Comuni potranno tornare a
deliberare in materia assimilando all’abitazione principale,
a decorrere dal 2015, un’unica unità immobiliare
posseduta dai cittadini italiani non residenti ed iscritti
all’Aire, già pensionati nei rispettivi Paesi di
residenza a condizione che non risulti locata o data in
comodato d’uso.
Chiaramente,
l’assimilazione porterà all’esenzione dal
versamento dell’Imu solo nel caso in cui si tratti di
immobili diversi da quelli classificati nelle categorie
catastali A/1, A/8 e A/9.
6.
Immobili assimilati alle abitazioni principali
Nel calcolo
dell’imposta occorre tener conto anche di altri casi
particolari che potrebbero esentare dal versamento
dell’imposta.
Infatti, la norma
prevede che i Comuni possono considerare direttamente adibita ad
abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a
titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o
disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero
o sanitari a seguito di ricovero permanente, a
condizione che la stessa non risulti locata, nonché l'unità
immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo
ai parenti in linea retta entro il primo grado
che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che
l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di
rendita risultante in catasto non eccedente il valore
di euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario
appartenga ad un nucleo familiare con Isee non superiore
a euro 15.000 annui.
In caso di più
unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere
applicata ad una sola unità immobiliare.
In tali casi,
dunque, se il Comune ha deliberato in tal senso, l’imposta non
è dovuta se ricorrono le condizioni «prima abitazione»
(in pratica si deve trattare di immobili diversi da quelli
A/1, A/8 e A/9).
Inoltre, l’Imu
non si applica:
- alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
- ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal D.M. Infrastrutture 22.4.2008;
- alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- ad un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate ed alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e dal personale appartenente alla carriera prefettizia per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.
7.
Fabbricati inagibili e inabitabili
Ai fini del calcolo
dell’imposta, si ricorda che ai fini Imu è previsto
che:
- la base imponibile è ridotta del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni;
- l’inagibilità o l’inabitabilità è accertata dall’Ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario che allega idonea documentazione alla dichiarazione; in alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (D.P.R. 28.12. 2000, n. 445);
- agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i Comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.
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