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Omesso versamento ritenute subordinato alla prova del rilascio delle certificazioni

Omesso versamento ritenute subordinato alla prova del rilascio delle certificazioni

La Suprema Corte conferma che il PM non può basarsi sul contenuto del modello 770, ma deve provare il rilascio delle certificazioni ai sostituiti

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Nel reato di omesso versamento ritenute certificate (art. 10- del DLgs. 74/2000) spetta all’accusa l’onere di provare l’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate e tale prova non può essere costituita dal solo contenuto del modello 770 proveniente dal datore di lavoro. Ad affermarlo è la sentenza n. 10475 della Cassazione, depositata ieri, che va a consolidare un ragionevole principio di diritto (. Cass. nn. 40526/2014 e n. 5736/2015) che si contrappone a quello che reputa sufficiente, ai fini della prova del rilascio delle certificazioni, la materiale allegazione del modelloovvero anche la prova testimoniale del contenuto di esso (Cass. nn. 19454/2014 e 20778/2014).
La fattispecie di omesso versamento di ritenute certificate presenta, dal punto di vista della condotta, una certa complessità. Essa si realizza, in parte, attraverso un comportamento omissivo (il non versare nel termine previsto) e, in parte, tramite un comportamento commissivo (il rilascio ai sostituiti delle certificazioni relative alle ritenute). Essendo tali condotte elementi costitutivi del reato, è possibile affermare che, ai fini della sussistenza dello stesso, occorre: che il soggetto attivo abbia omesso versare all’Erario l’importo delle ritenute operate quale sostituto d’imposta sui compensi effettivamente versati ai sostituiti nella misura superiore alla soglia di punibilità (50.000 euro); il materiale rilascio ai sostituiti della relativa certificazione anteriormente alla scadenza del termine entro il quale il sostituto d’imposta deve presentare la relativa dichiarazione.
Da qui si pone un problema di prova.
Secondo un primo orientamento, infatti, posto che il PM non deve necessariamente fornire la prova del rilascio delle certificazioni presentando le stesse, potendo pervenire ad essa anche mediante altri documenti, testimoni o indizi – ciò nel rispetto del principio generale secondo il quale gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti – sarebbe sufficiente la materiale allegazione del modello 770 (dichiarazione nella quale il sostituto attesta l’ammontare di tutte le retribuzioni pagate nell’anno d’imposta precedente e le ritenute su di esse operate) o anche la prova testimoniale rispetto al contenuto di questo modello.
Secondo altra ricostruzione, invece, alla quale la sentenza in commento dichiara convinta adesione, certificazioni e modelli 770 sono formalmente e sostanzialmente diversi, disciplinati da fonti distinte, rispondenti a finalità non coincidenti, e consegnati e presentati in momenti diversi. Il 770, peraltro, deve essere comunque presentato dal datore di lavoro (altrimenti integrandosi un illecito amministrativo); le certificazioni, invece, devono essere rilasciatese si è provveduto a versare le ritenute.
Se, poi, fosse effettivamente possibile effettuare sempre e in ogni caso l’equiparazione tra presentazione del modello 770 e rilascio delle certificazioni, diverrebbe irrazionale e privo senso l’attualesistema normativo. Si ricorda, infatti, che, prima dell’intervento abrogativo del DLgs. 74/2000, erano penalmente rilevanti, ma con sanzioni diverse,sia l’omesso versamento delle ritenute certificate che quello delle ritenute non certificate. Il DLgs. 74/2000 parificò le due ipotesi retrocedendole a mere violazioni amministrative. La L.311/2004, introducendo l’art. 10- nel DLgs. 74/2000, ha ripristinato conseguenze penalistiche per ilomesso versamento di ritenute “certificate oltre soglia, lasciando valenza amministrativa agli omessi versamenti di ritenute non certificate.
Ebbene, l’orientamento criticato, portando inevitabilmente a considerare che ogni ritenuta effettuata, solo perché documentata con il modello 770, debba necessariamente essere certificata, determina – in modo fra l’altro tale da presentare dubbi di compatibilità con la normativa comunitaria (quanto al rispetto del principio del ne bis in idem) – che l’illecito amministrativo e quello penale possano avere a oggetto sostanzialmente un medesimo fatto, rendendo ingiustificata la duplicità di sanzioni in caso di ritenute superiori alla soglia.
D’altro canto, neppure si può individuare una regola d’esperienza secondo cui le ritenute risultanti dal 770 debbano ritenersi per ciò stesso certificate. Se così fosse, infatti, il legislatore ne avrebbe tenuto conto punendo il mancato versamento delle ritenute riportate nella dichiarazione. Né può ritenersi che la presentazione del 770 valga come “indizio” sufficiente a dimostrare l’avvenuto rilascio delle certificazioni. Si pretenderebbe, per tal via, di desumere la prova del rilascio delle certificazioni da un unico indizio (la presentazione del 770) – e non da una pluralità – per di più privo gravitàprecisione, essendo suscettibile di diversa interpretazione, altrettanto o maggiormente verosimile.
La soluzione accolta, osserva infine la Suprema Corte, non impone al PM un onere insuperabile (probatio diabolica); la prova da acquisire è particolarmente difficile reperire(tramite l’Agenzia delle Entrate, che dispone della documentazione dei sostituiti, o con l’audizione dei sostituiti).

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