Disapplicazione fai da te delle societa' di comodo anche per i rimborsi IVA
- La riforma degli interpelli, operata con il DLgs. 156/2015, ha ricondotto nell’ambito del c.d. “interpello probatorio” (art. 11comma 1 lett. b della L. 212/2000) le istanze finalizzate alla disapplicazione della disciplina relativa alle società di comodo (non operative o in perdita sistematica). Tale inquadramento comporta, da un lato, la natura facoltativa dell’istanza di interpello, e dall’altro l’obbligo del contribuente di indicare nel modello UNICO l’apposito codice esplicativo della condotta realizzata.
Il test di operatività trova collocazione, come di consueto, nelquadro RS (righi da RS116 a RS125 di UNICO SC e da RS11 a RS20 di UNICO SP). La società che ritiene sussistenti le condizioni oggettive, dimostrabili ex post in sede di controllo, idonee a giustificare il mancato rispetto del test di operatività (o lo stato di perdita strutturale), può non applicare la disciplina delle società di comodo.
La disapplicazione, prescindendo da un preventivo interpello rivolto all’Amministrazione finanziaria, comporta però l’obbligo di un’apposita indicazione sostitutiva (o “segnalazione”, per utilizzare la terminologia adottata dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 9 del 1° aprile 2016) in dichiarazione. La società, in particolare, è tenuta a indicare nelle apposite caselle del quadro RS (“Imposta sul reddito - società non operativa”, “Imposta sul reddito - società in perdita sistematica”, “IRAP” e “IVA”) quanto segue:
- codice “1”, se è stato presentato interpello e lo stesso è stato accolto dall’Agenzia delle Entrate;
- codice “2”, se l’interpello non è stato presentato e il contribuente, in base a una propria autonoma valutazione, ha ritenuto sussistenti le condizioni oggettive per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo;
- codice “3”, se l’interpello è stato presentato e “bocciato” dall’Amministrazione finanziaria ma, ciò nonostante, la società ha deciso di non applicare la disciplina, riservandosi di dimostrare ex post l’esimente prescelta.
- codice “1”, se è stato presentato interpello e lo stesso è stato accolto dall’Agenzia delle Entrate;
- codice “2”, se l’interpello non è stato presentato e il contribuente, in base a una propria autonoma valutazione, ha ritenuto sussistenti le condizioni oggettive per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo;
- codice “3”, se l’interpello è stato presentato e “bocciato” dall’Amministrazione finanziaria ma, ciò nonostante, la società ha deciso di non applicare la disciplina, riservandosi di dimostrare ex post l’esimente prescelta.
Dalla lettura della richiamata circolare n. 9/2016 sembra di cogliere il principio secondo cui l’indicazione di questi codici rappresenta l’unico obbligo dichiarativo (per quanto riguarda, naturalmente, il prospetto in esame); ciò appare confermato dall’analisi delle specifiche tecniche di UNICO 2016, secondo le quali l’inserimento di uno dei codici citati, se la disapplicazione concerne tutte le imposte, non rende necessaria (anzi preclude, portando in caso contrario ad un errore bloccante) la compilazione degli altri campi del prospetto per la verifica dell’operatività.
La disapplicazione della normativa relativa alle società di comodo produce effetti anche ai fini dell’IVA, superando così le limitazioni al rimborso, alla cessione e alla compensazione “orizzontale” del credito annuale stabilite dall’art. 30 comma 4 della L. 724/94. Il modello di dichiarazione IVA 2016, tuttavia, non presenta appositi campi o codici per “identificare” i contribuenti che ritengono di disapplicare la normativa in questione senza interpello, per cui si era posto il problema della validità dell’attestazione della condizione di “operatività” per il rimborso (effettuata sottoscrivendo l’apposito campo del rigo VX4) anche da parte di tali soggetti.
La circolare n. 9 ha dato una risposta positiva alla questione, chiarendo che questa attestazione riguarda non solo, come in passato, i soggetti che superano il test di operatività o che possono fare valere cause di esclusione o di disapplicazione automatica, ma anche (e qui risiede, come detto, la novità) i soggetti che ritengono sussistenti le condizioni oggettive per disapplicare la disciplina senza presentare l’istanza.
Omessa segnalazione sanzionata sino a 21.000 euro
Tornando alle indicazioni sostitutive da fornire nel modello UNICO, la mancata osservanza degli obblighi di segnalazione comporta, a norma dell’art. 8 comma 3-quinquies del DLgs. 471/97, l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 2.000 euro a 21.000 euro. È sanzionato, pertanto, il contribuente che:
- non ha presentato l’interpello e, ritenendo sussistenti le condizioni, ha disapplicato la disciplina senza compilare le caselle in precedenza indicate con il codice “2”;
- ha presentato l’interpello e, pur avendo ricevuto risposta sfavorevole, ha disapplicato la disciplina senza apporre il codice “3” nelle stesse caselle.
- non ha presentato l’interpello e, ritenendo sussistenti le condizioni, ha disapplicato la disciplina senza compilare le caselle in precedenza indicate con il codice “2”;
- ha presentato l’interpello e, pur avendo ricevuto risposta sfavorevole, ha disapplicato la disciplina senza apporre il codice “3” nelle stesse caselle.
Le sanzioni amministrative descritte possono rientrare nell’ambito di applicazione del ravvedimento operoso, come confermato dalla circolare n. 9/2016; la società, pertanto, potrà rimediare all’inosservanza degli obblighi di segnalazione presentando una dichiarazione integrativa completa delle indicazioni previste dalla legge e versando la sanzione in misura ridotta.
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