Circolare
informativa per la clientela
TASI
VERSAMENTO
dell’ACCONTO ENTRO il 16 OTTOBRE 2014
In
questa Circolare
- Tempistica prevista dalla legislazione statale
- Diverse regole decise dai Comuni
- Doppia soggettività passiva e quota dell’occupante
- Casi particolari e dubbi interpretativi
- Regole di calcolo e modalità di versamento
1.
TEMPISTICA PREVISTA
dalla LEGISLAZIONE STATALE
dalla LEGISLAZIONE STATALE
Scade
il 16.10.2014 il termine per effettuare il pagamento
dell’acconto Tasi 2014, relativamente ai Comuni che hanno
inviato le delibere al Dipartimento delle Finanze entro il 10
settembre e che non sono riusciti a farlo entro il 23 maggio. Si
tratta di oltre 5.200 Comuni, quindi il secondo appuntamento della
Tasi – dopo l’acconto di giugno – riguarda la maggior parte dei
contribuenti, in particolare quelli di grandi città come Milano,
Roma e Firenze.
Com’è
noto, il co. 688 della Legge di stabilità 2014 (L. 147/2014), da
ultimo modificato dal D.L. 88/2014 (poi confluito nella L. 89/2014),
disegna una nuova tempistica a tre tappe.
La
prima scadenza, quella dell’acconto del 16.6.2014, ha
riguardato gli immobili situati nei 2.178 Comuni che hanno deliberato
a maggio. In tal caso i contribuenti hanno già pagato a giugno e
dovranno effettuare il saldo entro il 16 dicembre senza
pertanto considerare la tappa intermedia del 16 ottobre, riferita
agli oltre 5.200 Comuni che hanno inviato le delibere al Mef entro lo
scorso 10 settembre.
Si
dovrà invece saltare anche la seconda tappa del 16.10.2014
qualora il Comune non sia riuscito a rispettare la scadenza del 10
settembre per inviare le delibere al Dipartimento delle Finanze. In
tal caso – riguardante oltre 600 Comuni – i contribuenti dovranno
effettuare l’unico versamento entro il 16 dicembre
applicando agli immobili adibiti ad abitazione principale la mini
aliquota dell’1 per mille. Per gli altri fabbricati
scatta ugualmente l’1 per mille solo se l’aliquota l’Imu non
supera il 9,6 per mille, quindi la Tasi non andrà pagata se la
corrispondente aliquota Imu è già al massimo (10,6 per mille).
Sotto tale soglia si dovrà invece effettuare il calcolo del tributo
considerando il margine disponibile: ad esempio, se l’aliquota Imu
è al 10 per mille, si pagherà la Tasi per gli altri fabbricati sul
residuo 0,6 per mille. Toccherà pertanto ai contribuenti fare i
dovuti conteggi, che si complicano ulteriormente nel caso di
ripartizione della quota tra possessore e occupante,
quest’ultima pari al 10% dell’importo complessivo, misura
convenzionale applicabile in mancanza della delibera comunale.
VERSAMENTO
TASI 2014 (D.L. 88/2014, testo confluito nella L. 89/2014)
|
SCADENZARIO
a TRE TAPPE:
1) Comuni
con delibere inviate al Mef entro il 23.5.2014: acconto entro il
16 giugno in base alle aliquote deliberate dal Comune; saldo entro
il 16 dicembre
2) Comuni
con delibere inviate al Mef entro il 10.9.2014: acconto entro il
16 ottobre in base alle aliquote deliberate dal Comune; saldo
entro il 16 dicembre
3) Comuni
senza delibere: unica rata entro il 16.12.2014 con aliquota base
dell’1 per mille, nel rispetto del limite massimo consentito; la
quota a carico dell’occupante è del 10%
|
2.
DIVERSE REGOLE DECISE dai COMUNI
Decise
le aliquote e le detrazioni da parte dei Comuni, sorge la necessità
di cercare la delibera del proprio Comune sul sito del
Dipartimento delle Finanze (l’unica fonte ufficiale) per
capire innanzitutto se si dovrà pagare la Tasi e poi con quale
aliquota effettuare il calcolo dell’importo dovuto. Operazione non
semplice, considerato il tono burocratico e la mole delle delibere,
composte in molti casi da decine e decine di pagine (si pensi ai 75
fogli della delibera di Bari o alle 63 pagine di quella di Milano).
Poi occorre fare attenzione alle delibere a contenuto plurimo
(ad esempio Tasi e Imu) e alle doppie delibere sulla Tasi, ad
esempio nei Comuni che hanno corretto le prime delibere anche alla
luce delle interpretazioni ministeriali sull’aliquota supplementare
dello 0,8 per mille.
È
peraltro possibile che il Comune abbia azzerato completamente il
tributo (è il caso dei Comuni di Positano, Amalfi e di pochissimi
altri) oppure che abbia azzerato solo l’aliquota per i fabbricati
diversi dalle abitazioni principali, caso invece molto diffuso.
Insomma
appare evidente la presenza di moltissime variabili
(specialmente sulle detrazioni), alle quali si aggiungono quelle
introdotte dai Comuni in ordine alle scadenze da rispettare per il
pagamento della Tasi.
L’operazione
è fattibile per via dell’autonomia regolamentare (art. 52, D.Lgs.
446/1997) e perché la Tasi, diversamente dall’Imu, non ha
il vincolo della quota statale. Ciò ha consentito ai
Sindaci di scegliere date diverse rispetto a quelle fissate dal
calendario nazionale, considerato peraltro che sono gli stessi
enti ad attivare accertamenti e sanzioni.
Il
fenomeno è già emerso a giugno in sede di pagamento dell’acconto,
caratterizzato da diversi Comuni che hanno prorogato autonomamente
i termini per il versamento della Tasi. Ad esempio il Comune di Bari
ha approvato a maggio una prima delibera di mero differimento
dell’acconto, senza decidere le aliquote, rinviando il versamento
dell’importo al 16 dicembre sulla base delle aliquote stabilite con
successiva delibera (adottata a fine agosto), saltando così le due
tappe di giugno e di ottobre.
Il
Comune di Bologna ha invece fissato il pagamento dell’acconto al 31
luglio, consentendo peraltro ai contribuenti di sanare entro dicembre
eventuali irregolarità causate da errori presenti nei bollettini
precompilati inviati agli stessi. In tal caso i bollettini sono stati
predisposti dal Comune solo per facilitare il versamento, non
essendoci alcun obbligo normativo di provvedere in tal senso.
In
ordine allo slittamento delle date si ricorda che il Ministero
dell’Economia e delle Finanze consente ai Comuni di stabilire un
termine ragionevole entro il quale i contribuenti possono
effettuare i versamenti senza applicazione di sanzioni
e interessi (R.M. 23.6.2014, n. 1/DF).
L’atteggiamento
di diversi Comuni è infatti all’insegna di una certa tolleranza
nell’accettazione dei pagamenti effettuati in autoliquidazione
dai contribuenti, considerate tutte le difficoltà nel reperimento di
aliquote e detrazioni Tasi oltre all’esistenza di dubbi
interpretativi dovuti all’applicazione del nuovo tributo. Tra gli
enti tolleranti si segnala il Comune di Cesena, che non applicherà
alcuna sanzione in caso di versamento in ritardo della prima rata di
ottobre, ove effettuato entro il 16 dicembre.
I
termini fissati dagli enti locali sono quindi da ritenersi decisivi
al fine di verificare la correttezza degli adempimenti posti a carico
dei contribuenti. È necessario visionare attentamente le delibere
comunali, che potrebbero contenere specifiche indicazioni sulle
scadenze o altro. I Comuni dovrebbero pertanto evidenziare tutte le
particolarità al fine di consentire di effettuare i dovuti
versamenti e di evitare attività postume per la correzione degli
errori, che già non mancheranno per via delle numerose incertezze
applicative.
3.
DOPPIA SOGGETTIVITÀ PASSIVA
e QUOTA dell’OCCUPANTE
e QUOTA dell’OCCUPANTE
Un’altra
questione che complica ulteriormente il calcolo dell’importo da
versare è la doppia soggettività passiva: oltre che dal
proprietario la Tasi deve essere pagata anche
dall’inquilino. La presenza dell’occupante nella struttura
della Tasi, finalizzata a tassare l’utilizzatore
dell’immobile nella logica di una service tax, è comunque
foriera di alcuni dubbi applicativi. A partire dall’ampio
riferimento al detentore «a qualsiasi titolo», la quota per
l’occupante scatta anche senza un formale contratto
di locazione, comodato o altro. Ad esempio nel caso della badante che
accudisce l’anziano (non proprietario dell’immobile) si avrebbero
due detentori, con la conseguenza che la quota a carico
dell’occupante andrebbe suddivisa tra i due soggetti.
Il
principale nodo da sciogliere riguarda comunque il caso
dell’occupante diverso dal proprietario, trattandosi di due
obbligazioni tributarie autonome e non essendovi solidarietà
tra i due soggetti. In particolare occorre capire quale aliquota
applicare (abitazione principale o altri immobili) e quindi come
suddividere il tributo tra proprietario e inquilino. La questione si
risolve determinando l’importo complessivo con riferimento alle
condizioni del titolare del diritto reale e successivamente
ripartirlo tra quest’ultimo e l’occupante sulla base delle
percentuali stabilite dal Comune (si veda il co. 688, L. 147/2013).
All’inquilino va quindi applicata l’aliquota per le
«seconde case» e non quella per l’abitazione principale, dal
momento che la definizione contenuta nella disciplina Imu – estesa
alla Tasi – è collegata al solo proprietario. In sostanza, a parte
alcuni casi limitati (alloggi sociali, casa coniugale assegnata a
seguito di separazione, ecc.), per l’inquilino l’abitazione non
può mai essere considerata «principale», con la conseguenza che la
Tasi non è dovuta nei Comuni con aliquota Imu al 10,6 per mille,
essendosi esaurita la leva fiscale (salvo che il Comune non intenda
utilizzare l’aliquota supplementare dello 0,8 per mille).
Ed
è altrettanto evidente che per la Tasi l’abitazione principale non
è associata ad un trattamento agevolato, come avviene
per l’Imu, dal momento che l’aliquota deliberata dai Comuni
(mediamente superiore al 2 per mille) è maggiore di quella prevista
per gli altri fabbricati, in moltissimi casi vicina allo zero.
Appare
inoltre opportuno precisare, in merito alla ripartizione del
tributo tra i due soggetti passivi (proprietario e utilizzatore),
che il concetto di «occupante» non va estremizzato fino a
ricomprendere tutti i componenti dello stesso nucleo familiare,
diversi dal proprietario, come la moglie e i figli oppure l’amico
che viene ospitato in casa. Dalla disciplina Tasi emerge infatti che
la quota a carico dell’occupante non scatta se l’abitazione
è già occupata dal titolare del diritto reale (in
particolare si veda il co. 681 della Legge di stabilità 2014). In
sostanza quando un immobile è utilizzato anche dal possessore, la
Tasi dovuta da questi «assorbe» il tributo eventualmente
ascrivibile a terzi detentori.
4.
CASI PARTICOLARI
e DUBBI INTERPRETATIVI
e DUBBI INTERPRETATIVI
Oltre
agli immobili in locazione, la duplice obbligazione tributaria si
verifica anche in tutti gli altri casi in cui c’è un soggetto
detentore diverso dal proprietario, come per le concessioni
demaniali. In mancanza di una norma analoga all’Imu, che pone
l’imposta a carico del concessionario, occorre capire se la
concessione costituisca un diritto superficiario oppure se sia di
tipo obbligatorio: nel primo caso l’unico soggetto passivo è il
concessionario (titolare del diritto reale e occupante), nel secondo
caso la Tasi viene ripartita tra proprietario (Demanio) e
concessionario (occupante), ovviamente sempreché la detenzione sia
superiore a sei mesi.
Anche
per il coniuge assegnatario della casa coniugale la disciplina
Tasi è diversa dall’Imu. Per quest’ultima scatta lo speciale
diritto di abitazione introdotto dal D.L. 16/2012, quindi
il soggetto passivo è solo il coniuge assegnatario, che non paga
l’Imu per via dell’esonero ribadito dalla Legge di stabilità
2014. Per la Tasi, in assenza di regole particolari e non potendo
mutuarle dalla disciplina Imu (diversamente da quanto affermato dal
Mef con le Faq del 3.6.2014), l’assegnatario della casa coniugale –
se non è proprietario dell’immobile – è considerato un mero
detentore e quindi è tenuto a pagare il tributo in base alla quota
stabilita dal Comune (al massimo del 30%).
Sono
sorti dubbi interpretativi anche sull’applicazione della norma
riguardante il detentore temporaneo dell’immobile. Il co.
673 della Legge di stabilità 2014 individua l’unico soggetto
passivo nel proprietario dell’immobile per le «detenzioni
temporanee di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso
anno solare». Si pensi ad un contratto di locazione quadriennale
decorrente dal 1° ottobre 2014 e con scadenza a settembre 2018. È
possibile trattare lo spezzone di periodo dei tre mesi del 2014 come
detenzione temporanea? La risposta è negativa perché un contratto
di locazione quadriennale non può assolutamente rientrare nel
concetto di detenzione «temporanea», a prescindere dal titolo.
Occorre quindi dare prevalenza alla parte iniziale della norma
(«detenzione temporanea di durata non superiore a sei mesi»)
piuttosto che alla parte finale della stessa («nel corso dello
stesso anno solare»). Altrimenti verrebbe meno la ratio
sottesa alla norma (prevista anche per la Tari), che è quella di
combattere l’evasione in caso di affitti turistici o temporanei e
di rendere quindi più semplice la gestione del tributo. Sul punto si
segnala la Nota Ifel 1.9.2014 che, seppure in merito alla Tari,
ritiene che un contratto di locazione quadriennale che inizia ad
ottobre non è riconducibile ad un utilizzo inferiore ai sei mesi.
Un
altro caso particolare riguarda il trattamento dell’abitazione
principale locata parzialmente, se cioè deve pagare la Tasi
anche l’inquilino che la utilizza per più di sei mesi.
Contrariamente a quanto affermato dal Dipartimento delle Finanze con
le Faq del 3.6.2014, si ritiene che in tal caso la Tasi sia dovuta
interamente dal proprietario. Non scatta invece la
quota a carico dell’inquilino perché la disciplina della Tasi
prevede due obbligazioni tributarie autonome, rispettivamente
per il proprietario e per l’occupante dell’immobile. Infatti il
co. 681 della Legga di stabilità 2014 distingue nettamente le due
posizioni, senza alcuna possibilità di collegamento o interferenza
tra i due soggetti.
Ne
consegue che la quota Tasi del locatario si applica solo se
l’immobile è «totalmente» utilizzato dallo stesso. Si
tratta peraltro di una soluzione in linea con le esigenze di
semplificazione e perfettamente aderente alla logica del tributo.
Un
ulteriore questione si pone in merito alle unità immobiliari
concesse in comodato, in particolare su chi è tenuto al
versamento della Tasi se il Comune ha previsto l’assimilazione
all’abitazione principale nel limite di
rendita di 500 euro.
Sul
punto sono emersi due orientamenti: il primo prevede, nel silenzio
del Legislatore e della prassi, il versamento dell’intero tributo
unicamente da parte del proprietario (Mef risposta n. 23 alle Faq del
3.6.2014); il secondo afferma che per individuare i soggetti passivi
occorre rifarsi a quanto previsto in caso di locazione (l’inquilino
è tenuto al versamento dal 10% al 30% dell’importo).
Si
ritiene di dover optare per il secondo orientamento in quanto
aderente alla doppia soggettività passiva che caratterizza la
disciplina della Tasi, non essendoci peraltro una norma che deroghi a
tale principio (come nel caso del detentore temporaneo). Pertanto,
nel caso di abitazione con rendita catastale pari a 700 euro ed
ipotizzando che il Comune abbia stabilito il riparto 70% proprietario
e 30% inquilino, è possibile affermare che il proprietario paghi il
70% di imposta calcolata su 500 euro con aliquota «abitazione
principale» e su 200 euro con aliquota «altri immobili», e che
l’occupante paghi il 30% di imposta calcolata su 500 euro con
aliquota «abitazione principale» e su 200 euro ma con aliquota
«altri immobili».
Nei
casi dubbi è comunque consigliabile seguire l’interpretazione del
Comune, che dovrà poi controllare la regolarità dei versamenti.
5.
REGOLE di CALCOLO
e MODALITÀ di VERSAMENTO
e MODALITÀ di VERSAMENTO
Per
effettuare il calcolo dell’importo da pagare si devono seguire le
stesse regole previste per l’Imu. Occorre pertanto partire
dalla rendita catastale rivalutata (rendita moltiplicata per
1,05) moltiplicata per gli appositi coefficienti (160 per le
abitazioni, ecc.).
Si
ottiene così la base imponibile Tasi, alla quale va applicata
l’aliquota deliberata dall’ente a seconda della
tipologia dell’immobile (abitazione principale, altri fabbricati,
ecc.) ed al risultato va sottratto il valore corrispondente
alla detrazione, ove deliberata dall’ente. Si avrà così
l’importo totale del tributo dovuto su base annua,
che va ripartito in base alle quote spettanti (proprietario,
utilizzatore) e dimezzato al fine del pagamento dell’acconto entro
il 16 ottobre, nel rispetto della tempistica statale o di quella
comunale (ove diversa).
In
ordine agli strumenti disponibili per effettuare il versamento, il
D.L. 16/2014 ha eliminato la possibilità di utilizzare le modalità
alternative al Modello F24, ovvero i servizi elettronici di incasso e
di pagamento interbancari e postali (Mav, Rid, Pos, ecc.). L’F24
è quindi il canale esclusivo di pagamento della Tasi,
analogamente all’Imu, nella duplice versione del Modello F24 oppure
dell’apposito bollettino postale, quest’ultimo utilizzabile solo
in caso di versamenti relativi ad immobili situati nello stesso
Comune. Nell’F24 (modulo bancario o bollettino postale) vanno
ovviamente indicati gli appositi codici tributo, istituiti
dall’Agenzia delle Entrate con la R.M. 24.4.2014, n. 46/E:
- 3958 per «TASI abitazione principale e relative pertinenze»;
- 3959 per «TASI fabbricati rurali ad uso strumentale»;
- 3960 per «TASI aree fabbricabili»;
- 3961 per «TASI altri fabbricati».
Occorre
infine fare attenzione all’importo minimo al di sotto del
quale il versamento non va effettuato, fenomeno peraltro piuttosto
diffuso nella Tasi per via della «quota occupante» (tra il 10% e il
30% del tributo) che in molti casi potrebbe risultare inferiore a 12
euro oppure al diverso importo fissato dal Comune. L’importo minimo
è comunque riferito al tributo dovuto su base annuale, pertanto se
l’importo complessivo è di 20 euro e il Comune ha fissato il
limite a 12 euro, il contribuente deve saltare l’acconto (perché
la metà è inferiore a 12 euro) ma è tenuto comunque a pagare
l’intero importo di 20 euro a dicembre perché la somma di acconto
e saldo supera il limite minimo. Va inoltre evidenziato che nella
Tasi si ha una doppia soggettività passiva (proprietario e
utilizzatore) dalla quale scaturiscono due obbligazioni tributarie
autonome, per cui ognuno è tenuto a pagare la sua quota senza
alcun vincolo di solidarietà. Si potrebbero pertanto
verificare casi in cui la quota occupante resti scoperta poiché al
di sotto dell’importo minimo previsto.
TASI
– BASE IMPONIBILE
|
|
Tipologia
di immobili
|
Base
imponibile
|
Fabbricati
ordinari
|
Rendita
catastale rivalutata e applicazione dei
coefficienti
moltiplicatori Imu (si veda la tabella successiva)
|
Fabbricati
di categoria D, posseduti da imprese e non iscritti in catasto
|
Valore
delle scritture contabili rivalutato
con
coefficienti annuali (D.M. 19.2.2014)
|
Aree
fabbricabili
|
Valore
venale in comune commercio
|
Fabbricati
di interesse storico-artistico
|
Riduzione
base imponibile 50%
|
Fabbricati
dichiarati inagibili o inabitabili
|
Riduzione
base imponibile 50%
|
COEFFICIENTI
MOLTIPLICATORI
|
|
Categoria
di immobili
|
Coefficiente
|
Categoria
A (escluso A/10), C/2, C/6 e C/7 (abitazioni e pertinenze)
|
160
|
Categoria
B (caserme, comunità, edifici pubblici) e categorie C/3, C/4, C/5
(laboratori artigianali)
|
140
|
Categorie
A/10 e D/5 (uffici e istituti finanziari)
|
80
|
Categoria
D (edifici industriali e commerciali) escluso D/5
|
65
|
Categoria
C/1 (negozi)
|
55
|
CODICI
TRIBUTO
|
|
Codice
|
Categoria
di immobili
|
3958
|
Tasi
abitazione principale e relative pertinenze
|
3959
|
Tasi
fabbricati rurali ad uso strumentale
|
3960
|
Tasi
aree fabbricabili
|
3961
|
Tasi
altri fabbricati
|
ESEMPIO
di CALCOLO
(abitazione
locata, aliquota «altri fabbricati» 1,5 per mille, quota
inquilino 30%)
|
|||||
RENDITA
CATASTALE
(riportata
nella visura) |
RIVALUTAZIONE
del 5% |
BASE
IMPONIBILE
(rendita
catastale rivalutata x moltiplicatore)
|
CALCOLO
TASI
(base
imponibile x aliquota)
|
RIPARTO
QUOTE
(70%
proprietario, 30% inquilino)
|
ACCONTO
da VERSARE
(50%
entro
il 16.10.2014) |
euro
1.000
|
euro
1.000 * 1,05
= euro 1.050 |
euro
1.050 * 160
= euro 168.000 |
euro
168.000 * 1,5 per mille
= euro 252,00 |
Proprietario
euro 176,40
Inquilino
euro 75,60
|
Proprietario
euro
88 (codice tributo 3961)
Inquilino
euro 38 (codice tributo 3961)
|
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