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Obbligazioni di fare, non fare o permettere senza contributi INPS


/ Paola RIVETTI Giovedì, 30 novembre 2017
5-7 minuti

Le istruzioni alla Certificazione Unica sembrerebbero deporre invece a favore dell’iscrizione alla Gestione separata dell’Istituto previdenziale

Gli obblighi contributivi a carico dei lavoratori autonomi occasionali sono definiti dall’art. 44 comma 2 del DL 269/2003, conv. L. 326/2003. La norma dispone che i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all’art. 19 del DLgs. 114/98 sono iscritti alla Gestione separata INPS qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore a 5.000 euro.

Il reddito di 5.000 euro costituisce una fascia di esenzione poiché, in caso di suo superamento, i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente.
L’obbligo di versamento della contribuzione è posto in capo ai committenti, che devono adempiere nell’anno in cui il lavoratore supera il predetto limite. A tale fine, la circolare INPS del 6 luglio 2004 n. 103 ha posto in capo al lavoratore autonomo l’obbligo di comunicare ai committenti interessati, all’inizio dei singoli rapporti e, tempestivamente, durante il loro svolgimento, il superamento o meno del limite predetto.

Nel commentarne l’ambito di operatività, la circolare INPS del 22 gennaio 2004 n. 9 ha precisato che la norma trova applicazione ai lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro autonomo non esercitato abitualmente, fiscalmente classificati tra i redditi diversi di cui all’art. 67 comma 1 lett. l) del TUIR.
Inoltre, viene definito lavoratore autonomo occasionale, alla luce dell’art. 2222 del codice civile, chi si obbliga a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente (chiarimento confermato dalla circ. INPS n. 103/2004).

Rispetto all’applicazione della disposizione, va considerato che l’art. 67 comma 1 lett. l) del TUIR fa riferimento non solo ai redditi di lavoro autonomo occasionale, ma anche a quelli derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, di non fare o permettere. A quanto consta, non risulta sia stato ufficialmente chiarito se, ai fini del raggiungimento della soglia di 5.000 euro, concorrano i soli redditi di lavoro autonomo occasionale – come parrebbe – oppure anche gli altri.

Il dubbio origina dalle istruzioni alla Certificazione Unica 2017 in cui i redditi derivanti dall’adempimento dei predetti obblighi (fare, non fare, permettere) vanno indicati con i codici:
- “M1”,
- oppure “O1” se percepiti da soggetti per i quali non sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata in base alla circ. INPS del 16 maggio 2001 n. 104 (la circolare si riferisce ai soggetti che, compiuti 65 anni di età tra il 1996 ed il 2001, si sono cancellati dalla Gestione Separata).

Nel quadro della CU relativa al lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, in particolare, ai punti 34 e 35 deve essere specificato l’importo dei contributi previdenziali dovuti in relazione ai redditi annui superiori a 5.000 euro derivanti dalle attività contrassegnate con i codici “M” (prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente), “M1” (redditi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, di non fare o permettere) e “V” (provvigioni corrisposte a incaricato per le vendite a domicilio).

Tale indicazione lascerebbe intendere che anche i redditi derivanti dall’adempimento di obblighi di fare, non fare o permettere concorrano alla formazione del limite di 5.000 euro oltre il quale diventa obbligatoria l’iscrizione e la contribuzione alla Gestione separata INPS.

Conta la natura della prestazione

In base ad un approccio logico-sistematico alla questione, invece, dovrebbero concorrere alla formazione della soglia sopra indicata i soli redditi derivanti – secondo la lettera della norma – da “attività di lavoro autonomo occasionale”, indipendentemente dal fatto che la norma fiscale di riferimento elenchi anche redditi di diverso tipo.

Va, infatti, considerato che i redditi derivanti dall’adempimento di obblighi di fare, non fare o permettere non fanno parte dei redditi di lavoro autonomo occasionale, costituendo una categoria residuale per quelle fattispecie che non rientrano nelle attività commerciali o di lavoro autonomo occasionali. Inoltre, l’adempimento di tali obblighi ben potrebbe non essere qualificabile come prestazione d’opera ai sensi dell’art. 2222 c.c., come definita anche dall’Istituto stesso nei documenti di prassi sopra citati.

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