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Società cancellata: il processo pendente s’interrompe e passa ai soci cessati


Qualora la cancellazione di una società dal Registro delle imprese intervenga nel corso di un giudizio di cui la società stessa sia parte, stante l’irreversibile estinzione dell’ente societario, dovrà essere dichiarata l’interruzione del processo, il quale potrà essereriassunto nei confronti dei soci cessati, qualificabili comesuccessori a titolo particolare della società estinta. Lo ha stabilito, con una sentenza del 30 maggio 2011, il Tribunale di Verona, nel tentativo di fare chiarezza sulla controversa questione delle conseguenze prodotte dalle cancellazioni dal suddetto Registro sui processi pendenti.
A seguito dell’interpretazione fornita dalla Cassazione a Sezioni Unite (sent. nn. 4060, 4061 e4062 del 2010), infatti, non vi sono più dubbi sul fatto che la cancellazione delle società di capitali dal Registro delle imprese ne determini l’immediata estinzione, indipendentementedall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti non ancora definiti. Tale principio è stato esteso anche alle società di persone.
Ciò comporta che la società cancellata, in quanto estinta ad ogni effetto di legge, debba considerarsi priva di legittimazione, sia sostanziale che processuale. Dopo la cancellazione, dunque, i creditori sociali rimasti insoddisfatti nella liquidazione possono far valere i loro diritti esclusivamente nei confronti dei soci (nei limiti delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione nel caso di società di capitali), nonché dei liquidatori, ove il mancato pagamento sia dipeso da una loro colpa.
Ma quali sono le conseguenze processuali delle cancellazioni richieste dal liquidatore della società (nella specie, una srl) durante la pendenza dei processi nei quali la società stessa sia stata evocata quale convenuta? Sul punto, il Legislatore tace e ciò ha determinato il delinearsi di diverse soluzioni, passate in rassegna dal giudice veronese.
Secondo un primo modello, i soci cessati non possono essere considerati successori della società convenuta, cancellata in corso di causa, né a titolo universale, né a titolo particolare. Si ritiene, quindi, che, stante la mancanza di soggetti legittimati a proseguire il processo, il giudice non possa dichiararne l’interruzione, dovendo, al contrario, dichiarare lacessazione della materia del contendere. Un secondo indirizzo – che, come il precedente,nega agli ex soci la qualità di successori, a titolo particolare o universale, della società estinta – sostiene che il giudice debba dichiarare l’interruzione del processo. La domanda nei confronti dei soci cessati non potrà, però, essere proposta nelle forme della riassunzione della causa, bensì “ex novo”.
A detta del Tribunale di Verona, entrambi i modelli non convincono: essi, infatti, risultano “insoddisfacenti rispetto al principio di ragionevole durata del processo (…) e frustranti nei confronti delle aspettative di giustizia dell’attore, imponendogli di iniziare un nuovo processo”.
Secondo un terzo modello, in caso di cancellazione in corso di causa della società convenuta, il processo deve essere interrotto, per l’irreversibile estinzione della società, ed eventualmente riassunto dall’attore nei confronti dei soci cessati, qualificabili comesuccessori a titolo universale, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. (relativo alla “morte” di una parte del processo). Ancora diverso è l’orientamento che – qualificati gli ex soci come successori a titolo particolare – ritiene che il processo possa proseguire nei confronti di questi ultimi, attraverso il meccanismo della chiamata in causa degli stessi ad opera dell’attore, ex art. 111 c.p.c.
Anche i modelli appena descritti vengono confutati: da un lato, esprimendo forti dubbi sulla possibilità di considerare i soci successori della società a titolo universale; dall’altro, evidenziando come sia proprio il meccanismo “cancellazione-morte” dell’ente giuridico sancito dalle Sezioni Unite nelle sentenze citate ad impedire la sostituzione processuale di cui al richiamato art. 111 c.p.c.
Viene, infine, preso in considerazione l’indirizzo che prevede la declaratoria giudiziale di interruzione del processo e la successiva riassunzione dello stesso nei confronti dei soci cessati, qualificati come successori a titolo particolare della società estinta. È questo il modello che il Tribunale di Verona considera maggiormente persuasivo.
Nel motivare la propria conclusione, il Tribunale osserva, in primo luogo, come i soci risultino assumere lato sensu la veste di successori a titolo particolare (nei limiti di quanto riscosso in base al bilancio finale di liquidazione) in virtù di un atto di cessione della res litigiosa inserito nel procedimento liquidatorio e “formalmente idoneo a produrre l’effetto traslativo derivativo”. In secondo luogo, si sostiene che proprio la ricostruzione della cancellazione della società come atto avente un irreversibile effetto costitutivo/estintivo – al pari dell’evento “morte” per la persona fisica – consente il ricorso al meccanismo di interruzione/riassunzione, trattandosi di una sequenza “che assurge al rango di principio procedimentale” nel microsistema degli eventi patologici del processo (sospensione, interruzione ed estinzione), di cui agli artt. 299 ss. c.p.c.

Commenti

  1. salve, sto studiando proprio una questione simile, potrewte darmi i riferimenti della sentenza del tribunale di Verona?

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