Passa ai contenuti principali

Società di comodo, credito IVA limitato

Le società non operative, aventi ricavi effettivi inferiori a quelli presunti derivanti dall’applicazione dell’art. 30 della L. n. 724/1994, sono soggette a particolari vincoli di utilizzo del credito IVA. Il comma 4 della disposizione stabilisce, infatti, che il credito della società non operativa, risultante dalla dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto, non può essere richiesto a rimborso, né ceduto ovvero utilizzato in compensazione orizzontale (art. 17 del DLgs. n. 241/1997), essendo prospettabile soltanto quella verticale, ovvero a diminuzione oppure estinzione di debiti IVA.
A questo proposito, la normativa in parola dispone, tuttavia, la decadenza dal diritto alla riportabilità del credito IVA – a scomputo del tributo relativo ai periodi d’imposta successivi – in capo alle imprese non operative che, per tre periodi d’imposta consecutivi, non effettuino complessivamente operazioni rilevanti ai fini dell’IVA di importo almeno equivalente ai ricavi minimi.
I predetti principi possono, inoltre, incidere sulle modalità di liquidazione e versamento dell’IVA di gruppo (art. 73, comma 3, del DPR n. 633/1972) – assolte esclusivamente dalla controllante, per conto di tutte le imprese appartenenti all’aggregazione – alla quale eventualmente partecipi la società non operativa, che rimanga tale anche nel corso del periodo annuale di efficacia dell’opzione. Al ricorrere di tale ipotesi, l’eccedenza detraibile dalla stessa maturata non può essere utilizzata dalla controllante della fiscal unit.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha, infatti, chiarito che tale peculiare strumento di determinazione dell’imposta da versare rappresenta, per le società con posizione creditoria, una sostanziale forma di rimborso dell’IVA in tempi più ristretti rispetto ai contribuenti ordinari, come peraltro desumibile dall’art. 6, comma 3, del DM n. 11065/1979 (circ. n.26/2008). Tale provvedimento aveva stabilito – nel caso di eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione annuale della controllante o della controllata, compensate con somme dovute da altre società del gruppo IVA – l’applicazione del medesimo regime delle garanzie previsto per l’esecuzione dei rimborsi (art. 38-bis del DPR n. 633/1972).
In altri termini, la società appartenente alla fiscal unit che trasferisce alla controllante il proprio credito IVA è obbligata alla prestazione della medesima fideiussione richiestale nelleordinarie ipotesi di rimborso. Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria è dell’avviso che i limiti e i vincoli all’utilizzazione dell’eccedenza del credito IVA da parte della società di comodo operino anche nell’ipotesi in cui tale impresa si avvalga della procedura diliquidazione di gruppo del tributo: il meccanismo procedurale dell’IVA di gruppo si caratterizza, infatti, per un effetto di sostanziale conservazione dell’autonomia giuridica e fiscale delle singole società partecipanti alla compensazione. La circostanza che le stesse trasferiscano la propria eccedenza di credito IVA al gruppo non determina alcuna interruzione della medesima eccedenza detraibile con l’impresa che lo ha effettivamente originato, comportando una sostanziale equivalenza tra l’ipotesi dell’istanza di rimborso o utilizzo in compensazione del credito IVA e il suo trasferimento ad altre società del gruppo.
Qualora l’impresa titolare dell’eccedenza detraibile sia non operativa, l’importo in parola non può, quindi, essere utilizzato in compensazione dell’IVA dovuta dagli altri componentidella fiscal unit, né essere richiesto a rimborso dalla controllante della stessa. La medesima conclusione deve, inoltre, ritenersi valida qualora la società, successivamente risultata non operativa, abbia trasferito crediti IVA periodici, medio tempore utilizzati in compensazione: al ricorrere di quest’ultima ipotesi, in sede di liquidazione annuale, la controllante non può tenere conto delle eccedenze detraibili trasferite, con l’effetto che, nel caso di parziale utilizzo delle stesse, dovrà riversare le somme impiegate, maggiorate dei corrispondenti interessi, senza applicazione, però, delle sanzioni.
A questo proposito, un successivo documento dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che leeccedenze non utilizzate dal gruppo devono essere ritrasferite alla società controllata non operativa, che deve indicarle nella propria dichiarazione annuale IVA (ris. n. 180/2008). In tale sede, l’Amministrazione finanziaria ha altresì chiarito che, nell’ipotesi di successivo ripristino – nell’ambito del triennio di cui all’art. 30, comma 4, della L. n. 724/1994 – dell’operatività della società, il credito in parola potrà essere trasferito alla controllante, in occasione della prima liquidazione IVA, per poter essere utilizzato dal gruppo.

Fonte: Eutekne

Commenti

Post popolari in questo blog

Obbligazioni di fare, non fare o permettere senza contributi INPS

/ Paola RIVETTI Giovedì, 30 novembre 2017 5-7 minuti Le istruzioni alla Certificazione Unica sembrerebbero deporre invece a favore dell’iscrizione alla Gestione separata dell’Istituto previdenziale Gli obblighi contributivi a carico dei lavoratori autonomi occasionali sono definiti dall’art. 44 comma 2 del DL 269/2003, conv. L. 326/2003. La norma dispone che i soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all’art. 19 del DLgs. 114/98 sono iscritti alla Gestione separata INPS qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore a 5.000 euro. Il reddito di 5.000 euro costituisce una fascia di esenzione poiché, in caso di suo superamento, i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente. L’obbligo di versamento della contribuzione è posto in capo ai committenti, che devono adempiere nell’anno in cui il lavoratore supera il predetto limite. A tale fine, la circolare INPS del 6 luglio 2004 n.

Liquidatore «prigioniero» della società

Liquidatore «prigioniero» della società Senza indicazioni normative, alcune soluzioni giurisprudenziali rischiano di rendere estremamente difficoltosa l’operatività delle dimissioni dall’incarico / Martedì 29 settembre 2015 Al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori (oltre ad accertare la sussistenza dell’evento dissolutivo e a pubblicizzarlo) devono anche, contestualmente, procedere alla convocazione dell’assemblea dei soci. Quest’ultima è chiamata, tra l’altro, a nominare il liquidatore (o i liquidatori), salvo che tale decisione non sia stata già presa in sede di costituzione della società. Con riguardo alla cessazione dell’incarico, invece, il codice si limita a stabilire che i liquidatori possono essere revocati dall’assemblea o, quando sussista una giusta causa, dal Tribunale su istanza dei soci, dei sindaci o del pubblico ministero ( art. 2487  commi 1 e 4 c.c.). Quanto alle ltre cause di cessazione dalla carica, è stato precisato come i

ATI e regimi agevolati: minimi e forfetari

L'accesso all'associazione temporanea di imprese non causa decadenza dal regime agevolato (minimi o forfettari) se l'associazione è di tipo verticale, ossia comporta l'autonoma responsabilità dei singoli associati nell'esecuzione dei lavori che si qualificano, quindi, come divisibili e scorporabili. La ATI, associazione temporanea d'imprese, è un'aggregazione occasionale e appunto temporanea per lo svolgimento di un'opera specifica, che si scioglie o per la mancata realizzazione dell'opera o per la sua compiuta esecuzione. Tipicamente l'ATI nasce per aggiudicarsi un'opera che i soggetti singolarmente non riuscirebbero ad espletare, come per esempio nelle gare di appalto, senza tuttavia costituire una società ad hoc. I singoli mandatari devono conferire mandato alla “capogruppo” per presentare un'offerta unica e tali contratti devono essere registrati mediante scrittura privata autenticata o atto notarile; inoltre, per regolare i rapporti